la coscienza infelice del coatto. breve storia del funzionamento basico di un soggetto costretto a guidare col braccio fuori dal finestrino.

 

      

Nel luogo in cui vivo e lavoro, una vasta area compresa tra il territorio di Roma e quello dei Castelli Romani, vengono definiti volgarmente "coatti" taluni soggetti umani estremamente convinti di esistere. Questi, per via di tale malavventurata convinzione, hanno la tendenza a manifestarsi. 

Nel periodo estivo, che va ormai concludendosi, è possibile intercettarne qualche esemplare, non raro a dire il vero, impegnato alla guida del proprio automezzo, in un atteggiamento di esibizione del proprio disagio ormai tipico e caratteristico. 

E' diventato infatti di tendenza, nel popolo dei coatti, procedere alla guida dell'autovettura sporgendo, forzosamente e in una postura quantomai scomoda e innaturale, l'intero arto superiore sinistro (braccio, avambraccio e mano), lato finestrino, al di fuori dell'autoveicolo. 

L'arto viene tenuto convenzionalmente in verticale, perpendicolare al suolo e al senso di marcia, in modo che risulti fermo, rigido, premuto aderente sullo sportello lato esterno, contatto con la carrozzeria, con l'avambraccio ruotato leggermente oltre la normale e naturale pronazione

L'altro braccio, il destro, viene tenuto invece dritto con la mano sul volante a ore 13.00. 

La resa estetica è ovviamente ridicola.

Questi poveracci, come anticipato, manifestano anche così il loro disagio, ignari che qualsiasi dimostrazione di forza e di arroganza rappresenta in realtà esattamente il contrario, una ammissione di paura e di debolezza. Ciò è fin troppo banale. 

Il dato di interesse è che questi soggetti sono costretti (da qui il termine "coatto" dal latino coactus , p. pass. di cogĕreforzare, costringere) ad agire comportamenti, senza libertà di scelta. E' un livello basico di esistenza, quasi biologico. Nessun dubbio attanaglia la loro mente. Non sono esseri del dubbio ma della convinzione.

Il coatto alla guida ci ricorda anche però ciò che di coatto è dentro di noi.. le nostre "coazioni a ripetere" direbbe Freud. 

Ogni qual volta incrociamo un coatto alla guida, dopo una risata ripensando a questo breve articolo, cogliamo l'occasione per ripensare a ciò che agiamo, o che ci agisce, da dentro, apparentemente senza libertà di scelta. Quel coatto che ci abita è un elemento inconscio da decifrare, un ospite inquietante. A te cosa costringe a fare, dire, essere? 




DARWIN DAY - 12 FEBBRAIO

 

(Charles Darwin 1809-1882)

Attraverso una serie di iniziative, il 12 Febbraio, giorno di nascita di Charles Darwin, in tutto il mondo (..un po' meno in Italia..) si celebra il Darwin Day. Non è semplicemente la beatificazione di un santo laico bensì l'occasione per ricordare l'affermazione della scienza, del pensiero razionale e della laicità sull'ignoranza e la superstizione. Sembra incredibile ma nel 2021 è ancora necessario ribadire i principi della teoria dell'evoluzione, osteggiata oggi come allora, da vecchi e nuovi oscurantismi. 


Prof. Telmo Pievani: i nemici di Darwin

Negli ultimi anni la psicologia sta provando a rispondere a un interessante quesito circa le motivazioni per cui soggetti, anche non stupidi, rifiutano l'idea di fare pienamente parte del regno animale senza eccezionalismi di sorta, cioè di essere frutto dell'evoluzione e non di un atto creativo intelligente di qualche entità sovrannaturale. Due testi fondamentali per cercare di rispondere a questa domanda sono: 

Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin  - di Pievani, Girotto, Vallortigara 



Grandi Dei. Come la religione ha trasformato la nostra vita di gruppo - di Ara Norenzayan Raffaello Cortina 2014


ATTENZIONE: MESSAGGIO IMPORTANTE AGLI ORTORESSICI..


[ortoressia: (orthos -corretto- orexis -appetito-) termine che si riferisce ad una forma di attenzione estrema alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche, nello specifico alla ricerca ossessiva, rigida e abnorme di cibi sani, biologici, privi di conservanti o altre sostanze chimiche normalmente contenute nei cibi confezionati]


Cominciamo con una ovvia premessa: mangiare cibi sani e naturali, magari dell'orticello di nonno fa molto bene alla salute.. seguire una dieta equilibrata e un regime alimentare corretto rappresentano un fattore di protezione e prevenzione per molte patologie, soprattutto malattie vascolari e cardiache e dell'apparato digerente. Ciò premesso, qui si sta parlando di altro, stiamo parlando di un eccesso. Cosa nasconde davvero un atteggiamento di attenzione per il cibo sano portato all'estremo? La risposta è abbastanza scontata se posta ad uno psicoterapeuta: nasconde altro. Anzitutto i processi legati all'oralità e all'alimentazione si deformano spesso nell'essere umano sotto la spinta della psiche: dal più banale "stomaco chiuso" dopo una arrabbiatura, alla fame nervosa, ai casi ben più seri dell'anoressia e della bulimia. Ecco, questi due ultimi esempi ci offrono l'opportunità di sottolineare un fatto importante: l'eziologia dei disturbi della condotta alimentare non ha nulla a che fare con problematiche legate all'alimentazione, le cause da cui originano questi disordini risiedono sempre altrove, in un altrove di natura affettiva, in problematiche profonde di relazione, in dinamiche patologiche intrapsichiche e familiari, in processi identitari interrotti e incompiuti. Dunque quale è l'altrove che sostanzia una ortoressia? Per comprenderlo dobbiamo leggere questo atteggiamento come un modo superficiale per mentire all'Io e agli altri, una difesa di tipo ossessivo interpretabile nel suo esatto contrario: 


Quando si ha modo di indagare al di sotto della superficie apparentemente granitica delle difese psichiche si scopre un mondo di fragilità e di insicurezze. 

Ciò che abbiamo descritto come processo individuale può coinvolgere anche la diade genitore-figlio, ad esempio la coppia madre-bambino dove l'attenzione estrema alla dieta e alla qualità dei cibi maschera e copre problematiche profonde del genitore, che esita molto spesso in un rapporto sadico aggressivo e controllante, distante, come invece vorrebbe far credere, dal reale bisogno del figlio. Per intenderci.. non è negando una merendina confezionata che si diventa una buona madre, anzi.. potremmo dire il contrario. 

Infine l'ortoressia può essere vista anche come un fenomeno esteso a livello sociale, un tratto che sembra descrivere la tendenza del momento, testimone ne è il mercato del biologico vero o finto che sia, l'aumento di vegani e vegetariani***, l'aumento di richieste di consulenze al nutrizionista, fenomeni esplosi negli ultimi anni. Sorvoliamo sulla presunta superiorità morale di chi non mangia carne o pesce e a cui ha già risposto la saggezza di Snoopy: quello che cerchi è dentro di te.. non nel frigorifero!



***
(A corollario di tutto permettetemi un vezzo, un piccolo approfondimento su una materia di cui sono grande cultore, l'evoluzionismo e la paleoantropologia: l'evoluzione filogenetica del genere homo, in particolare i processi di ominazione ('lacquisizione di caratteristiche sempre più umane) e di encefalizzazione (l'accrescimento delle dimensioni del cervello), sono stati resi possibili grazie al fatto che i nostri antenati, ad esempio le australopitecine, ma forse anche prima, a un certo punto hanno cominciato a cibarsi di carogne, quindi di carne, in particolare di midollo che essi riuscivano ad estrarre grazie all'uso di rudimentali utensili in pietra in grado di frantumare le ossa, un prezioso nutriente a cui gli altri animali non riuscivano ad accedere. Da qui in poi si andò verso una differenziazione sempre maggiore tra primati ruminatori che passano gran parte della vita a masticare (i grandi masticatori progenitori di alcune delle attuali scimmie antropomorfe) e genere homo, i primi con forti mascelle, i secondi con capacità intellettive e tecniche superiori. 



I grandi classici: Psicoanalisi della società contemporanea di Erich Fromm




Attraverso questa opera Erich Fromm esamina con grande lucidità le innumerevoli cause della nevrotizzazione della società. Più di altri autori Fromm è lontano dai concettualismi e interpretazioni tipici degli ortodossi post-freudiani. La sua riflessione è lucida ed espressa in forma chiara e onesta, non risultando mai opaca e astrusa. Psicoanalisi della società contemporanea è un testo tuttora valido e attuale, anzi come tutte le grandi opere riesce a raccontare qualcosa dell'uomo al di là di ogni epoca. Fromm riesce a far questo perché non si allontana mai dalla lezione fondamentale dell'evoluzionismo darwiniano, evitando così l'antropocentrismo in cui cadono molti studiosi, anche di fine ingegno ma mai pronti a essere scalzati da una posizione di centralità rispetto al tutto







Intervista a Erich Fromm




la tua assenza

 


come hai visto il mondo con occhi di perla

sono sicuro che avrai visto un grande mare


se come il mare è sereno a chi lo ascolta

se pure lui non ha più niente da cantare

si infrange muto questo mio inondar distante

silente appena poco meno il tuo sparire


arretro spesso e in punta di parole

mi tornan nuove le vicende del tuo sguardo


e in amore mi sovrasta questa tua cantata assenza

che in odore di soavi spoglie e di parole antiche

ha il colore delle gioie e dei dolori mortali


trentuno agosto era passato che era già settembre

me lo soffiava il vento triste e svelto

che con in bocca il nome tuo non ha più smesso di cantare un solo istante


di S. Giannini

Numeri di Supporto Psicologico

anteprima numeri di supporto psicologico


Il periodo prolungato di isolamento dalla vita sociale, di lontananza dalla sede di lavoro, di convivenza con la famiglia senza momenti per sé, la paura di ammalarsi possono creare ansia, fragilità e apprensione; anche la percezione del rischio può essere distorta e amplificata sino a portare a condizioni di panico. Se in questo momento di emergenza pensi di avere bisogno di aiuto psicologico chiama i numeri di ascolto e di supporto attivati a livello nazionale o regionale. Nelle singole regioni sono stati attivati numerosi servizi dedicati.

Vai sul sito del Ministero della Salute per vedere l'elenco clicca qui

La destrutturazione della personalità ai tempi del Coronavirus





Con l'esplodere della pandemia da Covid-19 e a seguito delle relative restrizioni imposte dal Governo al fine di salvaguardare la salute dei cittadini stiamo assistendo ad un notevole incremento di manifestazioni cliniche di interesse psichiatrico. I fattori di stress (confinamento dentro casa, perdita delle frequentazioni sociali, familiari e affettive, difficoltà economiche, sovraesposizione a immagini di morte, paura di essere infettati)[1] possono infatti impattare sulla psiche degli individui generando ansia, panico, depressione, conversioni somatiche e fino a causarne, nei casi più gravi, il tracollo sotto forma di vere e proprie crisi psicotiche. Ciò può riguardare non solo soggetti con una storia clinica alle spalle e quindi con una organizzazione psichica francamente patologica, ma anche persone che fino ad oggi hanno condotto una vita apparentemente in equilibrio. Viviamo quindi tutti in un apparente equilibrio? Si, sicuramente più di quanto siamo soliti pensare. Uno dei grandi meriti della psicoanalisi, a partire dai primi anni del ‘900, è stato indubbiamente rendere evidente come la linea di confine tra sanità e malattia mentale non fosse poi così netta e assoluta, bensì più sfumata, mostrando come in ogni essere umano convivono livelli evolutivi diversi. Vale a dire che c’è un po’ di “psicotico” in ogni nevrotico che si rispetti. Michael Eigen scrisse a proposito di un “nucleo psicotico” presente in tutti noi. Per una serie di motivi le persone trovano comunque una compensazione, strutturando attorno a tali nuclei una personalità relativamente stabile, una identità relativamente coesa, non permettendo, in condizioni normali, a tali nuclei di dare origine a fenomeni dissociativi rilevanti. Qualora però la struttura dell’Io, il cui ruolo principale è tenere “i pezzi insieme” ed evitare la frammentazione psichica, viene ad essere indebolita, per esempio da fattori stressanti o traumatici, ecco che tale frammentazione può verificarsi. Quando ciò si verifica la persona perde gradualmente aderenza al piano di realtà, cresce interiormente una angoscia soverchiante ed arcaica, non riesce più a controllare il flusso dei propri pensieri che diventano alterati quantitativamente e qualitativamente. Possono nascere idee deliranti e fenomeni allucinatori, un eloquio disorganizzato, comportamenti bizzarri, in sostanza prende forma una iperattivazione psichica che pregiudica nel soggetto la capacità di ragionamento e di giudizio. Eventi acuti come questi determinano la necessità di un ricovero e un trattamento di urgenza in psichiatria. In una fase successiva sarà necessario intraprendere un percorso psicoterapeutico parallelamente al percorso psichiatrico e farmacologico. Se vogliamo fare un salto indietro, in un'ottica di prevenzione, aver intrapreso una buona psicoterapia rappresenta certamente un fattore protettivo rispetto alla possibilità di destrutturazione di fronte al trauma o allo stress. Non parliamo qui di psicoterapie di superficie orientate al sintomo (es Cognitivo-Comportamentali) ma di terapie analitiche psicodinamiche che lavorano ad un livello più profondo e che sono in grado di riparare quelle fragilità interiori e quelle conflittualità irrisolte che sono alla base della "instabilità stabile" che caratterizza la maggior parte degli individui umani. 



[1] non esiste un decalogo dei fattori di stress perché ogni evento può essere dal punto di vista soggettivo potenzialmente destrutturante

Scritto sulla sabbia - di Hermann Hesse



Che il bello e l’incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,
che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d’artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.
E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:
pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d’oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
– effimeri-, non raggiungono il fondo dell’anima.
No, il bello più profondo e degno dell’amore
pare incline a corrompersi,
è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d’aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.

Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.
Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d’ali d’uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.
Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.

(Herman Hesse, La Felicità. Versi e pensieri , traduzione di N.Salomon, Mondadori)

Lo psicologo risponde, anche a distanza



E' possibile richiedere una consulenza psicologica a distanza. Per info: stefano.giannini@ymail.com

segni e sintomi di abuso e violenza sui minori: il controverso caso dei bambini di Massa Finalese e Mirandola


Pablo Trincia e Alessia Rafanelli hanno condotto una inchiesta giornalistica di estremo interesse per chi si occupa di psicologia giuridica. Il caso risale agli anni '90 ed ha avuto strascichi giudiziari ancora in tempi recenti. Un caso noto per gli esperti del settore, meno noto per il vasto pubblico. La storia è davvero incredibile: il Tribunale di Modena dovette allontanare con urgenza dalle rispettive famiglie diversi minori per un sospetto terribile, quello di essere stati vittime di una setta che abusava di loro. Diversi bambini infatti avevano raccontato di essere stati costretti a partecipare a rituali "satanici" che avvenivano di notte nei cimiteri con "gente incappucciata", ad assistere a uccisioni di altri bambini o a sacrifici di animali, di essere stati abusati fisicamente con la complicità partecipe dei propri genitori, di parenti o altre persone (vai al sito di Repubblica: clicca qui o sull'immagine sotto).



La ricostruzione-inchiesta giornalistica, in formato audio e multimediale, è davvero ben fatta poiché corredata da materiale inedito, come stralci di video-registrazioni delle audizioni dei minori, foto, luoghi, testimonianze. Vengono portate alla luce una serie di incongruenze che lasciano molti dubbi sugli esiti che le indagini prima e i processi poi hanno prodotto. Si aprono questioni e interrogativi a più livelli, sul piano giuridico e giurisprudenziale, sul piano metodologico, sul piano etico e deontologico, sul funzionamento di un complesso apparato.  Questa inchiesta rinnova l'interesse per gli operatori del settore e forse ora anche per una utenza più ampia, su quali siano le modalità attraverso cui operare in caso di sospetto abuso, sulla formazione e condivisione di procedure il più possibile affidabili (vedi le Linee Guida dell'Ordine Psicologi del Lazio qui). 




Valutazione delle capacità genitoriali: quale simulazione/dissimulazione?



Se si effettua una ricerca bibliografica sul concetto di simulazione ci si rende conto che ciò a cui si riferisce la quasi totalità della letteratura scientifica mal si addice al  contesto della valutazione delle capacità genitoriali [1]. Il termine in questione ha una lunga tradizione in psichiatria [2] e fa riferimento, per tradizione e ormai in maniera pressoché automatica e implicita, alla simulazione di malattia mentale [3]. Questa consiste nella riproduzione ed imitazione, consapevole e volontaria, di sintomi psicopatologici finalizzate al conseguimento di uno scopo [4]. Anche i contemporanei manuali diagnostici, come il DSM-IV e V, annoverano questo termine attribuendovi lo stesso significato implicito: “produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati, motivata da incentivi esterni” [5].

Su questa materia si può trovare un’ampia letteratura quasi esclusivamente a carattere criminologico[6], infatti la simulazione (di malattia mentale), trattata come una entità nosografica, è da sempre quasi esclusivamente oggetto di diagnosi differenziale nei soggetti detenuti o imputati per reati gravi, il cui scopo è molto spesso quello di sfuggire alla carcerazione o di ottenere altri benefici in ambito giudiziario (attenuanti, sconti di pena, trasferimenti a regimi carcerari meno duri, ecc). Il contesto giuridico principale in cui ci si interroga sulla presenza o meno di simulazione, intesa in questi termini, è di conseguenza quello dell’imputabilità, inerente cioè le capacità di intendere o volere [7]. Nel corso del ‘900 quindi il termine simulazione ha talmente subito l’influenza del contesto applicativo giuridico-psichiatrico-forense, al punto da assumere anche in psicologia un significato prevalente pressoché esclusivo, nel senso che esclude ormai le altre accezioni, che sottendono ad altre forme di simulazione e che pure sono di interesse per le scienze della psiche e non meno importanti. Se volessimo per esempio applicare tale definizione di simulazione all’ambito della popolazione sottoposta a valutazione delle capacità genitoriali, questa non troverebbe spazio alcuno, infatti tendenzialmente la maggior parte dei soggetti che compongono questa popolazione tenderà certamente a mostrarsi, ricorrendo alla simulazione, sotto una luce diversa, ma il più possibile favorevole. Da qui la domanda posta nel titolo del presente paragrafo: quale simulazione? Cosa simula un genitore se non simula una malattia mentale? Se volessimo dare una risposta diretta, potremmo dire che tendenzialmente un genitore simula un buon adattamento. La possibilità di fare riferimento alla simulazione con una tale accezione è di derivazione psicologica e per tradizione legata alle ricerche effettuate fin dagli anni ’30 nell’ambito della personalità e della testistica[8]. Ciò fa riflettere sulla necessità di ripensare al concetto di simulazione e di esplicitarne le possibili declinazioni in modo da rendere chiaro il ricorso a questo termine nei diversi contesti applicativi. Forse, sarebbe più corretto considerare la forma di simulazione della psichiatria classica (simulazione di malattia mentale), così come la simulazione di buon adattamento di tradizione psicologica a cui abbiamo fatto da poco riferimento, come fattispecie di una classe più ampia di fenomeni possibili, che vengono ad essere compresi all'interno della categoria generale della simulazione, a partire in fondo dal suo significato originario, cioè mostrare le cose diverse da come sono [9].

Guardiamo il diagramma sotto:

Questa esemplificazione mostra la genealogia, a partire da una macro categoria, di diverse forme di simulazione che possiamo far confluire all’interno di una ulteriore sottocategoria, poiché accomunate dall’essere “orientate ad uno scopo”: il primo caso si riferisce a ciò di cui si occupa da più di un secolo la psichiatria forense, la simulazione di malattia mentale, il secondo caso si riferisce invece ad un fenomeno osservabile in diversi contesti valutativi, tra cui quello oggetto del presente lavoro. 

Ciò che potrebbe inizialmente apparire come un semplice disguido linguistico, un problema terminologico o di definizioni, in realtà serve ad esplicitare l’uso clinico e forense di un termine che è normalmente utilizzato dagli psicologi, talora senza una riflessione sistematica in proposito.

Si potrebbe obiettare a questo ragionamento che la simulazione di buon adattamento altro non è che una dissimulazione di cattivo adattamento, dicitura anche questa ampiamente utilizzata in psicologia, ma non è così. La simulazione di buon adattamento comincia dove finisce la dissimulazione di cattivo adattamento. Un soggetto può dissimulare patologie, mancanze, deficit, e quant’altro ma non automaticamente produrrà una attività simulatoria. Simulazione e dissimulazione rappresentano in sostanza due diverse strategie di alterazione della realtà. La differenza consiste nel fatto che chi dissimula compie uno sforzo attivo nel nascondere informazioni, quindi mente senza dire nulla di falso, chi simula, invece, presenta in maniera attiva come vere informazioni alterate[10]. La dissimulazione si esplica quindi attraverso l’omissione, ad esempio attraverso la reticenza e il silenzio oppure attraverso l’occultamento, cioè fornendo, in maniera non attiva, informazioni fuorvianti al fine di fare assumere false credenze [11].



Articolo di Stefano Giannini, è permessa la riproduzione parziale e totale citando la fonte.




[1] Come vedremo più avanti, solo in forma minore questo problema riguarda la dissimulazione.
[2] Cfr.: La simulazione era l’errata interpretazione medica, da parte degli organicisti, delle nevrosi. Vedi: S. Freud, Studi sull’isteria in Opere, Bollati Boringhieri – Jung CG. Simulazione di malattia mentale.Bollati Boringhieri, 1973 - Bleuler E., Trattato di psichiatria, Feltrinelli, 1967.
[3] Callieri B, Semerari A. La simulazione di malattia mentale. Roma: Abruzzini Editore, 1959
[4] CAIALLELLA – RINALDI, Simulazione e dissimulazione pag. 556 «processo psicologico caratterizzato dalla decisione cosciente di riprodurre, imitandoli, sintomi patologici e di mantenere tale imitazione per un tempo più o meno lungo con l’aiuto di uno sforzo continuo fino al conseguimento dello scopo, ovvero fino a quando il simulatore non si renda conto dell’inutilità del suo atteggiamento» in GIUSTI Giusto (a cura di), Trattato di medicina legale e scienze affini, Vol. 4: genetica, psichiatria forense e criminologia, medicina del lavoro, Cedam 2009
[5] Come nel DSM IV-TR, anche nel DSM-5 la Simulazione è inclusa fra le “Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica”, nel capitolo che tratta: Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati, che comprende il Disturbo da sintomi somatici, il Disturbo da ansia di malattia, il Disturbo di conversione (Disturbo da sintomi neurologici funzionali) e il Disturbo fittizio.
[6] MASTRONARDI V., DEL CASALE A., Simulazione di malattia mentale, Il Pensiero Scientifico Editore, 26 Sep 2016.
[7] artt. 88 ed 89 c.p.
[8] Cfr.: Hathaway e McKinley, 1928 – Hartshorne, May, Shuttleworth, 1930 - vedi: Autodescrizione Idealizzata, pagg.34-35 Minnesota Multiphasic Inventory -2 – Giunti OS.
[9] Dizionario Garzanti della Lingua Italiana: 1) manifestare sentimenti insinceri; mostrare le cose diverse da come sono: es: simulava di essere contento. SIN.: fingere 2) imitare: es: sapeva simulare il canto degli uccelli.
[10] Ekman P., I volti della menzogna: gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, negli affari, nella politica, nei tribunali, Giunti 1995.
[11] Anolli L., Mentire, Bologna, Il Mulino 1997

L’evoluzione delle norme giuridiche in tema di genitorialità: dalla patria potestà al diritto di famiglia

C'è stato un lungo periodo, protrattosi fino a non molti anni fa, in cui un figlio era considerato come un oggetto di incontestabile diritto del genitore. In Italia, ancora nel 1942, la legge riconosceva l’istituto della patria potestà quale “affermazione del principio giuridico della sottoesposizione dei figli al potere familiare dei genitori”[1]. Ciò rimarcava la tradizione romana, legata al concetto di patria potestas[2], in cui il rapporto genitore-figlio corrispondeva a un rapporto tra potere-soggezione. In seguito ai profondi mutamenti culturali, in atto nel mondo occidentale e nella società italiana già a partire dagli anni ’60, il diritto di famiglia subisce notevoli trasformazioni che porteranno a un lungo processo di riforma; ne ricordiamo alcuni passaggi fondamentali: la Legge n. 151/1975[3] sostituisce il concetto di patria potestà con quello di potestà genitoriale, intesa quest’ultima come l’esercizio di una funzione atta a realizzare gli interessi della prole e non quelli di chi ne fosse investito. La potestà genitoriale era intesa come un dovere di esercizio nell’interesse esclusivo del minore, “il che non esclude che il genitore, verso lo Stato e verso i terzi, abbia un vero e proprio diritto soggettivo alla titolarità dell’ufficio e all’esercizio personale e discrezionale del medesimo, con l’unico limite di indirizzarlo verso il soddisfacimento delle sole esigenze del minore”[4]. Con il DLgs 28 dicembre 2013 n 154, il concetto di potestà subisce una ulteriore evoluzione e viene ad essere sostituito con quello di responsabilità genitoriale, termine con cui si sottolinea il fatto che il genitore ha sul figlio un dovere più che un potere. La responsabilità, a differenza della vecchia potestà, che poneva un limite temporale, si estende in maniera più ampia ai figli. Secondo il vecchio ordinamento la potestà genitoriale veniva meno con il compimento della maggiore età, mentre la responsabilità vincola i genitori al mantenimento dei figli fino alla loro indipendenza economica, oltre quindi la maggiore età[5]. E’ interessante notare che il legislatore non ha voluto descrivere in maniera compiuta in cosa consista la responsabilità genitoriale, una scelta non frutto di negligenza ma motivata e che riprende la scelta fatta dal legislatore del 1942 che non definì la potestà. Così facendo tale nozione può infatti essere resa attuale in ogni momento, riempita di contenuti al passo con l’evoluzione socio-culturale dei rapporti genitori-figli e può quindi adattarsi all’ evoluzione  dei tempi senza rimanere cristallizzata all’interno di una definizione rigida.

La Costituzione e la legislazione vigente in tema di diritto di famiglia ci indicano in cosa consistono i reciproci diritti/doveri di genitori e figli[6]:

1.         Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
2.         Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
3.         Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
4.         Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa[7].

Di  notevole interesse generale e ancor di più per quel che concerne la nostra professione di consulenti in psicologia giuridica, è la Legge 8 febbraio 2006, n. 54 sull’ affidamento condiviso. Questa regola i rapporti tra genitori e figli minorenni nelle situazioni in cui la crisi coniugale e di coppia porta alla cessazione della convivenza, disciplinando non solo le separazioni in sede giudiziale, ma anche nei casi di scioglimento, di cessazione degli effetti civili, di nullità del matrimonio nonché dei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati[8]. La legge riconosce il diritto del figlio minorenne di mantenere, anche in caso di separazione dei genitori, un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, in modo da ricevere da entrambi cura, educazione ed istruzione, e ulteriormente di conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale. In deroga al principi vigente della bi-genitorialità, il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad un solo genitore, qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore. E’ in casi come questi che molto spesso lo psicologo giuridico viene ad essere interpellato come consulente del Giudice al fine di comprendere se sussistano o meno condizioni pregiudizievoli per il minore che possano motivare la deroga del preferenziale paradigma normativo di affidamento. Ma quando dall’ambito giuridico si passa a quello psicologico-giuridico, la questione della responsabilità genitoriale si trasforma in una riflessione sulle capacità e competenze genitoriali, e ciò significa che su un piano operativo, spetta a noi psicologi, attraverso le nostre specifiche competenze, dotare di significato e rendere concreto, per ogni caso specifico, un concetto giuridico altrimenti generico.





[1] Punto 166 della Relazione al Re del 16 marzo 1942
[2] G. Longo, Patria potestà (Diritto Romano), in Nuovissimo Digesto Italiano, V. XII, Torino, UTET, 1957
[3] Della potestà dei genitori – titolo IX del libro I del Codice Civile
[4] Cfr. Cass. 7 novembre 1985, n. 5408
[5]Cfr. DLgs 28 dicembre 2013 n 154
[6] Articolo 315 bis - Diritti e doveri del figlio
[7] LIBRO I - DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA TITOLO IX - Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio - Capo I - Dei diritti e doveri del figlio Diritti e doveri del figlio
[8] Art. 4 Legge 54/2006

segni di disagio nel disegno infantile




Quando un minore vive una condizione di disagio psicologico non sempre è in grado di esprimerlo attraverso il linguaggio verbale, molto più facilmente esprimerà il suo malessere attraverso il comportamento, sintomi e lamentele somatiche, segnali che uno specialista può inquadrare attraverso una accurata indagine diagnostica, al termine della quale conferisce a questi elementi significato patologico o meno. Due aree molto importanti, che rappresentano al contempo oggetto e strumento di indagine, sono il gioco e il disegno. In particolare per quanto riguarda il disegno si valuta sia la produzione spontanea, sia l’esecuzione di disegni su richiesta (test grafici). 

Cosa osserviamo e quando ci troviamo di fronte a situazioni degne di approfondimenti? Si tiene in considerazione anzitutto l’adeguatezza degli elaborati in relazione all'età e al livello evolutivo raggiunto dal bambino, quindi la qualità degli aspetti formali e di contenuto, cioè gli elementi rappresentati o la storia che il bambino vuole rappresentare attraverso il disegno, talora facendocela raccontare anche verbalmente a elaborazione conclusa. Sono di interesse clinico tutte quelle produzioni che non sembrano adeguate all’età o al livello atteso, che presentano aspetti formali e/o di contenuto particolari, bizzarri, eccessivi, ripetitivi, disarmonici, oppure riferimenti espliciti alla violenza, all’aggressività, a una sessualità “adulta” per un bambino, elementi di cui non dovrebbe avere conoscenza e che il clinico, attraverso una attenta analisi, è in grado di distinguere da normali fantasie, curiosità, paure, tipiche di alcune fasi della crescita.

Quali problematiche possono essere comprese attraverso lo studio dei disegni? Si può intuire o capire molto del mondo interiore del bambino, ad esempio la qualità delle relazioni, la sicurezza o l’insicurezza del carattere, il suo stile di attaccamento, la rappresentazione di sé e degli altri. In alcuni casi si può intuire la presenza di disagio o malessere ma non esistono segni specifici per ogni tipologia di problema e comunque gli indici che emergono devono essere arricchiti e integrati dal clinico con altri dati attraverso altre attività di indagine. 

E’ possibile individuare eventuali segni di abuso o maltrattamenti attraverso l’analisi dei disegni? Il disegno è certamente un valido strumento di indagine ma non è l’unico elemento su cui un clinico fonda una ipotesi di trauma, di abuso o maltrattamento. Bisogna stare attenti in tal senso alle cattive informazioni che a volte circolano su internet o in tv dove talora ci si imbatte in interpretazioni superficiali e destituite di ogni scientificità, del tipo “se ha disegnato un mostro col collo allungato allora vuol dire che c’è stato abuso”, oppure “se ha usato il colore blu allora vuol dire che è triste”, affermazioni come queste non sono ammissibili in una indagine psicodiagnostica in ipotesi di abuso o maltrattamento, ancor più se ritenute come “prove certe” di fatto avvenuto. Infatti, nei casi che determinano l’apertura di indagini giudiziarie, nessun perito serio, chiamato ad esprimersi su un caso di specie, effettuerà mai una interpretazione di un disegno in tali termini di superficialità. Valutare la presenza di traumi, disagio o malessere psichico in un minore è una attività estremamente delicata che richiede un alto grado di professionalità, riservata a psicologi, psicoterapeuti e neuropsichiatri, se avete dubbi non trasformatevi in “indagatori” ma rivolgetevi a queste figure.